venerdì 2 dicembre 2011

GOVERNO TECNICO...UNA POESIA

Non oltre questa giostra è il mio paese,
appeso per un perno al continente
sospeso ad avvitarsi per il resto.

Il tema delle mie corrispondenze
è un camice deposto sullo scranno,
è il languido riserbo dei compassi,
la grazia tragicomica dei conti.

Scostate dalle piazze questa mia generazione,
lasciatela montare sopra il carro dei monatti,
non conteggiate i corpi, ve ne prego! ,
piuttosto arrotondateli a una nota di bilancio.

La cedra, il cacciavite, la pillola e la madre
di questa sostanza
va fatto l'inchiostro,
delle vostre postille.

domenica 6 novembre 2011

Quando piove una pietra nello stagno


Quando piove una pietra nello stagno
lo scheletro dell’acqua si dichiara,
la carne della pozza trema e smette
quando piove una pietra nello stagno.

Quando piove una pietra nello stagno
le anatre rincasano nel vento,
e un pesce può guardare una cometa
quando piove una pietra nello stagno.

Quando piove una pietra nello stagno
l’amore di Narciso si sparpaglia
ed Eco lo ritrova lo ritrova,
quando piove una pietra nello stagno.

Quando piove una pietra nello stagno
I Circoli si levano e s’ingrossano
 eppure la deriva poi li tace,
quando piove una pietra nello stagno.

Quando piove una pietra nello stagno
Gli occhi sono tutti alla ricerca di una mano
e tutto passa come fosse niente
quando piove una pietra nello stagno.

Fra le cento lanterne di carta

DICO A TE CHE NASCONDI UNA DONNA

NEL VENTAGLIO DI CARTE DA GIOCO.


DICO A TE CHE PERLUSTRI LA PIAZZA

NELLA NOTTE CHE SEGUE LA FESTA.


IL MONSONE CHE STRAPPA LE CASE

E' LO STESSO CHE DANZA E CHE GIACE

FRA LE CENTO LANTERNE DI CARTA.

lunedì 24 ottobre 2011

Ipocrisie ed altri racconti: una mia vecchia "poesia?".

In faccia alle guardie l'ubriaco perfeziona il passo
e la mammana sterilizza
ferri roventi di precisione
Ha una boccia di alcol poggiata sopra al banco
sfrega le mani, parlotta al feto
"Spero che sia per un'altra occasione."
 
 
In chiesa c'è un tanfo di urla scadute
non è sano provarsi all'igiene del sangue
la vedova scorre i grani
del rosario catenaccio
chiude le palpebre a doppia mandata
risponde al salmo con una fitta al rossetto.
 
La direttrice dell'albergo si chiama madre superiora
promette agli orfani e poi a se stessa
una placenta per l'avvenire
ha nella Bibbia un assegno in bianco
ed un zero
da partorire.
 
 
E il presidente acquista nervino
mentre si inaugura la carestia
investe sicuro sopra la morte
assegna vergini coi dividendi
Garantisce col nome il diritto al lavoro
e in dosi massicce canarini in miniera

domenica 16 ottobre 2011

Al di qua del vetro si gioca un solitario

ispirato al cortometraggio "al di là dal vetro" di Erri De Luca

Lo  incontro in cucina. E’ sveglio e scosso, accenna ad un sogno e ad un sonno disturbato, ma io faccio finta di niente. Sembra stupito di vedermi ancora in piedi, sveglia nel cuore della notte, come se non sapesse… . Si accorge delle carte da gioco abbandonate sul tavolo e mi offre di incominciare assieme un solitario, lo chiama: “Il nostro solitario ”, come se ci appartenesse ancora, come se le regole  consentissero di giocare un solitario in due. Allora  io accetto, perché penso che infondo anche così, tra noi due, adesso, si può giocare un solitario.
Il solitario inizia. Le nostre chiacchiere ci accompagnano ed io racconto della guerra. Gli parlo dell’urlo delle sirene, delle notti dormite con i vestiti addosso, delle corse nei ricoveri per accaparrarsi il posto migliore, “come a teatro!”, e lui ascolta. Di tanto in tanto  mentre chiacchiero mi volto verso di lui e lo scopro mentre muove la bocca in silenzio, ricalcando con il movimento delle labbra le mie stesse parole o anticipando la fine della frase che sto per pronunciare. I miei ricordi dei bombardamenti ormai deve conoscerli a memoria, penso fra me e me, però lui non m’interrompe più di tanto e allora io continuo. Proseguiamo assieme il solitario.
Mi toglie la parola per iniziarmi a raccontare delle sue di guerre, quelle che si è andato a cercare volontariamente in giro per il mondo e lo fa fin quando non  ci troviamo d’accordo nel sostenere che nessuno terrorismo politico può essere paragonato al terrore ispirato dal bombardamento di una città. Mi parla di Belgrado, ma  troviamo anche il tempo per accennare a suo padre, emigrato in America e tornato in patria perché non avevo alcuna intenzione di lasciare Napoli. Si continua il solitario.
Infine si parla di noi, della sua attrazione per il pericolo, fatto di guerre di come di montagne scalate, e delle smancerie che non ci siamo mai scambiati, di come io non sia stata come tutte le altre madri. Arriva a farmi dire di essermi convinta che ormai fosse immortale, di avermi talmente abituata a sopravvivere ad ogni suo rischio, che il giorno in cui l’infarto me lo stava per stroncare quasi non mi pareva possibile. Gli dico che una madre non dovrebbe sopravvivere al proprio figlio…come se  non sapessi.
Viene fuori che sta scrivendo un libro che io non ho ancora letto. E’ terminato, già consegnato all’editore, ma io non ne so niente e glielo dico. Lui si stupisce, sostiene che io avrei dovuto già conoscerlo perché leggo sempre i suoi libri non appena sono conclusi, ma io nego di nuovo, così lui si innervosisce, si agita, si comporta come se non sapesse…e alla fine si sveglia.
Si alza dal letto, guarda una foto di quando ero ancora viva, poi si dirige verso la porta e guarda al di là del vetro, come se non volesse credere a quello che è accaduto, come se non avesse sempre saputo che da questo lato del vetro, adesso, tra di noi,  al massimo si può giocare un solitario.