lunedì 24 ottobre 2011

Ipocrisie ed altri racconti: una mia vecchia "poesia?".

In faccia alle guardie l'ubriaco perfeziona il passo
e la mammana sterilizza
ferri roventi di precisione
Ha una boccia di alcol poggiata sopra al banco
sfrega le mani, parlotta al feto
"Spero che sia per un'altra occasione."
 
 
In chiesa c'è un tanfo di urla scadute
non è sano provarsi all'igiene del sangue
la vedova scorre i grani
del rosario catenaccio
chiude le palpebre a doppia mandata
risponde al salmo con una fitta al rossetto.
 
La direttrice dell'albergo si chiama madre superiora
promette agli orfani e poi a se stessa
una placenta per l'avvenire
ha nella Bibbia un assegno in bianco
ed un zero
da partorire.
 
 
E il presidente acquista nervino
mentre si inaugura la carestia
investe sicuro sopra la morte
assegna vergini coi dividendi
Garantisce col nome il diritto al lavoro
e in dosi massicce canarini in miniera

domenica 16 ottobre 2011

Al di qua del vetro si gioca un solitario

ispirato al cortometraggio "al di là dal vetro" di Erri De Luca

Lo  incontro in cucina. E’ sveglio e scosso, accenna ad un sogno e ad un sonno disturbato, ma io faccio finta di niente. Sembra stupito di vedermi ancora in piedi, sveglia nel cuore della notte, come se non sapesse… . Si accorge delle carte da gioco abbandonate sul tavolo e mi offre di incominciare assieme un solitario, lo chiama: “Il nostro solitario ”, come se ci appartenesse ancora, come se le regole  consentissero di giocare un solitario in due. Allora  io accetto, perché penso che infondo anche così, tra noi due, adesso, si può giocare un solitario.
Il solitario inizia. Le nostre chiacchiere ci accompagnano ed io racconto della guerra. Gli parlo dell’urlo delle sirene, delle notti dormite con i vestiti addosso, delle corse nei ricoveri per accaparrarsi il posto migliore, “come a teatro!”, e lui ascolta. Di tanto in tanto  mentre chiacchiero mi volto verso di lui e lo scopro mentre muove la bocca in silenzio, ricalcando con il movimento delle labbra le mie stesse parole o anticipando la fine della frase che sto per pronunciare. I miei ricordi dei bombardamenti ormai deve conoscerli a memoria, penso fra me e me, però lui non m’interrompe più di tanto e allora io continuo. Proseguiamo assieme il solitario.
Mi toglie la parola per iniziarmi a raccontare delle sue di guerre, quelle che si è andato a cercare volontariamente in giro per il mondo e lo fa fin quando non  ci troviamo d’accordo nel sostenere che nessuno terrorismo politico può essere paragonato al terrore ispirato dal bombardamento di una città. Mi parla di Belgrado, ma  troviamo anche il tempo per accennare a suo padre, emigrato in America e tornato in patria perché non avevo alcuna intenzione di lasciare Napoli. Si continua il solitario.
Infine si parla di noi, della sua attrazione per il pericolo, fatto di guerre di come di montagne scalate, e delle smancerie che non ci siamo mai scambiati, di come io non sia stata come tutte le altre madri. Arriva a farmi dire di essermi convinta che ormai fosse immortale, di avermi talmente abituata a sopravvivere ad ogni suo rischio, che il giorno in cui l’infarto me lo stava per stroncare quasi non mi pareva possibile. Gli dico che una madre non dovrebbe sopravvivere al proprio figlio…come se  non sapessi.
Viene fuori che sta scrivendo un libro che io non ho ancora letto. E’ terminato, già consegnato all’editore, ma io non ne so niente e glielo dico. Lui si stupisce, sostiene che io avrei dovuto già conoscerlo perché leggo sempre i suoi libri non appena sono conclusi, ma io nego di nuovo, così lui si innervosisce, si agita, si comporta come se non sapesse…e alla fine si sveglia.
Si alza dal letto, guarda una foto di quando ero ancora viva, poi si dirige verso la porta e guarda al di là del vetro, come se non volesse credere a quello che è accaduto, come se non avesse sempre saputo che da questo lato del vetro, adesso, tra di noi,  al massimo si può giocare un solitario.     

lunedì 3 ottobre 2011

IL MESTIERE DELLO PSICOLOGO


ScHiZoFrEnIa

PARLA PARLA PARLA
DEI MILLE URLI FRACASSATI CONTRO I DENTI
DEI MURI BIANCHI SOLO BIANCHI SEMPRE QUELLI
PER DISSIPARE OGNI RUGGITO IN UNO SCATTO
E DEL MISFATTO
SCAGLIARE I PUGNI SENZA MAI MIRARE AL PETTO
LASCIANDO GLI ALTRI A RISONARE PER LA COLPA

ED UN RIFLESSO TI HA PORTATO VIA LA FACCIA
LA BOCCA IL NASO IL NOME IL SENSO E LA COSCIENZA
E NON SI AGGUANTA MALEDETTO IL SORSO D'ACQUA
CHE SI INCARTOCCIA FRA LE DITA CON IL RISO
CHE PIU' NON T'APPARTIENE
E SGUSCIA
SOSPESO IMMOBILE SUL BORDO DELL'ABISSO
E RESTI SCISSO,
DANNAZIONE!,
RESTI SCISSO.


C'ERA LA FILA
FUORI LA PORTA
MA NON SI UDIRONO SINGHIOZZI
NONOSTANTE AVESSE UN NODO ALLA GOLA.

sabato 1 ottobre 2011

"GIUDICI" - Camilleri-Lucarelli-De Cataldo - Recensione

Ho appena finito di leggere questo trittico di racconti incentrati sullla figura del giudice, firmato da Andrea Camilleri, inventore del celeberrimo Montalbano, Carlo Lucarelli, capofila dei giallisti italiani, e Giancarlo De Cataldo, autore di Romanzo Criminale; così ho sentito il bisogno di scriverne una breve recensione.

Per prima cosa "GIUDICI" rappresenta secondo me un'intelligente operazione editoriale, non solo perchè sul piano commericale è capace di sfruttare i grandi nomi della narrativa italiana per calamitare il grande pubblico, ma anche perchè permette ai lettori di confrontare in modo piacevole e diretto lo stile di 3 autori di successo profondamente diversi tra loro, sia per background culturale (uno è siciliano, un altro è legatissimo all'Emilia e a Bologna e  un altro ancora vive e lavora a Roma), sia per orientamento narrativo: più classicheggiante Camilleri; più vicino al noir Lucarelli, più storico-realista De Cataldo.

Veniamo ai 3 racconti. Il primo, quello che ho gradito maggiormente, è  intitolato "IL GIUDICE SURRA", e per l'appunto vede come protagonista il giudice Efisio Surra, originario della sardegna e goloso di dolci, che agli albori dell'Italia unita viene trasferito da Torino a Montelusa per rimettere in piedi il tribunale locale, rimasto orfano dei magistrati dichiaratisi fedeli alla monarchia Borbonica. Il giudice è sapientemente ritratto da Camilleri come un  personaggio surreale e simpatico, mix di sbadataggine e integrità morale, a metà fra il Chaplin de "Il grande dittatore" e l'assistente Catarella, e  nel corso del racconto sarà costretto a fare i conti con le intimidazioni de LA FRATELLANZA, un'organizzazione criminale antenata della Maffia, che poi riuscirà  a sconfiggere in modo rocambolesco, addirittura a sua insaputa!
 Il secondo racconto: "LA BAMBINA", scritto da Carlo Lucarelli, è ambientato invece negli anni '80, in piena strategia della tensione, e risente non poco della passione dell'autore per i misteri d'Italia (non a caso fa riferimento diretto alle tragedie di Ustica e della stazione di Bologna) e vede come protagonista una giudice bolognese soprannominata "LA BAMBINA" per la giovane età. Durante il racconto la protagonista verrà coinvolta in un'inchiesta scottante, suscitando i pruriti dei cosiddetti Servizi Deviati e riuscirà a scampare ai loro attentati solo grazie alla sua astuzia ed  all'aiuto "sporco" di alcuni micro-criminali dal cuore tenero. 
Infine il terzo racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e intitolato "IL TRIPLO SOGNO DEL PROCURATORE", descrive sostanzialmente le biografie intrecciate di due personaggi: lo stoico procuratore OTTAVIO MANDATI ed il losco affarista, trattino sindaco, trattino corrotto capoclasse PIERFILIBERTO BERRAZZI-PERDICO'. Le vicende sono ambientate sequenzialmente dagli anni '60 ai giorni nostri e richiamano velatamente gli scontri ciclopici tra la procura milanese e Berlusconi, ma differentemente dai racconti precedenti, proprio come accade nelle odierne cronache la vittoria della giustizia  è solo un presagio colmo di speranze, anche perchè il racconto si chiude praticamente sul più bello.
Fra i tre racconti ho indubbiamente preferito il primo, leggero e profondo allo stesso tempo, perchè condito di humor ma non per questo esente da quell'intento di denuncia sociale, che, mi pare, animi l'intero libro. Sul racconto di Lucarelli avrei invece molto da ridire, soprattutto  perchè il Parmense era lo scrittore che fra i tre conoscevo meglio ed era quello dal quale mi aspettavo di più, avendo trattato in numerose occasioni argomenti di cronaca giudiziaria intrecciati con losche questioni politiche. Il suo racconto invece è eccessivamente simile alle trame che vedono come protagonista Coliandro, con l'aggiunta, anzi, con la sottrazione dell'ironia che solitamente accompagna queste ultime. I dialoghi risultano molto spesso sbrigativi e artificiosi, in molti casi tacciabili di essere escamotages dell'auore per risparmiare al lettore una descrizione della vicenda. Questo ne è un esempio:

(un brigadiere porta il giudice ferito in una casa di campagna, presso un certo Sanna, di cui non si sa niente. L'autore non introduce minimanente l'incontro e MIRACOLOSAMENTE quali sono le prime parole di Sanna alla vista della donna ferita?)

"- Mi prendi per il culo?-disse. - Mi hanno arrestato tre volte per esercizio abusivo della professione medica e adesso viene un poliziotto a chiedermi di curare un magistrato?-"  ....  --> ECCOCI RISPARMIATA LA PRESENTAZIONE!  

Il terzo racconto è decisamente migliore del secondo, la descrizione dell'evoluzione delle due vite dei 2 personaggi principali è molto gradevole, davvero ben scritta,  ma forse la somiglianza con Il Caimano mi ha suscitato un effetto di assuefazione-ridondanza. Per cui ho finito per preferire il primo.


IN CONCLUSIONE LASCIATEMI FARE UN PO' DI PSICOLOGIA. FRA I TANTI FILI CONDUTTORI CHE ASSOCIANO I TRE RACCONTI PER ME CE N'E' UNO CHE ESPRIME LIMPIDAMENTE UN REPERTORIO PSICOLOGICO-CULTURALE ITALIANO. 
INFATTI, ANALIZZANDO ATTENTAMENTE LE TRE STORIE SI RISCONTRA SEMPRE LA FIGURA DI UN GIUDICE VINCENTE SULLE DIFFICOLTA' CONTINGENTI, MA QUESTE VITTORIE, A BEN VEDERE , NON SONO MAI IL FRUTTO DI ORDINARIE PROCEDURE DI GIUSTIZIA, BENSI' SONO COSTANTEMENTE IL RISULTATO DI GENIALI ESPEDIENTI DEL SINGOLO O DI FORTUNATE COINCIDENZE,  TANT'E' VERO CHE LA VITTORIA DEI NOSTRI TRE GIUDICI  E' COMUNQUE SEMPRE PARZIALE ED ISOLATA, MAI DEFINITIVA E MAI SISTEMICA. 
VOLENDO TRALASCIARE IL BISOGNO DI ROMANZARE CHE  LOGICAMENTE HA ATTANAGLIATO I 3 SCRITTORI, CREDO DI POTER NOTARE, PIU' IN GENERALE IN QUESTI RACCONTI, IL SINTOMO DI UN IDEALE ITALIANO DI GIUSTIZIA SEMPRE PIU' ANCORATO ALLA DIMENSIONE FANTASTICA, INCARNATA DALLA FIGURA DEL GIUDICE-EROE, E SEMPRE MENO IMPRONTATO AL REALISMO E ALLA RAZIONALITA', OVVERO ALL'IDEA DI UN NECESSARIO CAMBIAMENTO SISTEMICO NEL NOSTRO PAESE . FIN QUANDO CONTINUEREMO AD AVER BISOGNO DI EROI E SACRIFICI ESTEMPORANEI  IL NOSTRO SARA'DAVVERO  UN POVERO POPOLO E LA GATTOPARDESCA PROFEZIA CONTINUERA' A RISUONARCI NELLE ORECCHIE:

- TUTTO CAMBIA AFFINCHE' NULLA CAMBI  -